Nel segno della geometria, le artiste del periodo delle neoavanguardie rinnovano lo spirito di ricerca dell’avanguardia storica costruendo mondi basati sulle leggi, più o meno rigide, della matematica e della geometria. Wassilij Kandinsky nel suo saggio Lo spirituale nell’arte sottolinea il valore empatico delle forme e dei colori, attribuendo, ad esempio, al rosso un ruolo di intensità emotiva, mentre al blu una certa profondità interiore. Parla anche del suono originario: il punto è il primo segno, quello originario, e il quadrato ne è l’estensione, nel momento in cui le linee generano una figura. Questa ricerca della geometria assume nel tempo diverse sfumature, più o meno aderenti allo spirito lirico del padre dell’astrazione. Carol Rama, nella sua fase astratta, getta un ponte tra l’esperienza del reale, ancora percepibile nei suoi dipinti allusivi e quella più geometrica, facendo emergere una poesia delle forme tratte dall’esperienza sensibile del mondo.
Secondo una linea formalista le opere astratte della seconda metà del 900 nascono appunto in continuità con le ricerche dell’astrazione geometrica degli anni Trenta e Cinquanta, che creavano composizioni a formato prevalentemente ortogonale, facendo uso in particolar modo della figura orizzontale, come un elemento funzionale alla realizzazione di temi architettonici impaginati in quadri astratto geometrici. Oltre alla creazione di forme che hanno una certa dimensione strutturale e spaziale, alcune artiste come Natalie Du Pasquier, Chung Eun Mo, ma anche Fausta Squatriti concepiscono il dipinto come un frammento della realtà intera, estendibile oltre la dimensione dell’opera nello spazio. Mentre le pittrici di matrice analitica come Fernanda Fedi e Tilde Poli cercano soluzioni geometriche che fanno riflettere sulla natura oggettuale dell’opera, che si presenta come un modo a se stante, privo da qualsiasi riferimento alla realtà perché soggetto alle sole logiche dell’arte.