Giuseppe Terragni, Negozio Vitrum, piazza Duomo 8-9, 1930
Inserito in un edificio “impersonale e qualunque”, il Vitrum, non passava inosservato per il taglio deciso e geometrico delle aperture e per i due prospetti diversi a seconda degli affacci: rivestimento in marmo cipollino apuano su piazza del Duomo e in pannelli di eternit legati da strisce di metallo cromato su via Cinque Giornate. Parte non trascurabile dell’esterno è inoltre in facciata l’insegna Vitrum, in lettere staccate di marmo nero del Belgio retroilluminate di notte, scritte con quei caratteri allungati e che Terragni privilegiava utilizzandoli anche nelle intestazioni dei disegni di progetto. La maggiore “evidenza” era dunque assegnata alle vetrine esterne che Terragni affronta con estrema cura corredandole di arredi tra i più originali della sua produzione con scaffalature in cristallo e ottone cromato. L’idea era quella di “creare spazi definiti dalla luce-colore”, lavorando quindi più che sulla materia e sulla stabilità, sull’incorporeo, sulla leggerezza, sull’effetto variabile al limite dell’illusione. L’esito più autentico del negozio di Terragni è stato quello di essere allestimento, completa scenografia ambientale, dove l’integrazione e il commento reciproco tra architettura e oggetti riuscivano a nobilitare anche i luoghi e i prodotti “comuni”, sottraendoli alla loro semplice entità. Oggi del Vitrum rimane solo la parte esterna.