Giuseppe Terragni, Casa del Fascio, piazza del Popolo 4, 1932-36
Terragni con il progetto per la Casa del Fascio di Como del 1932 stravolge le soluzioni formali di quattro anni prima che prevedevano un edificio tradizionale dalle caratteristiche eclettiche. Il nuovo progetto è costituito da un organismo compatto di quattro piani a pianta pressoché quadrata, con una grande sala centrale a doppia altezza illuminata dall’alto attraverso una copertura di vetrocemento. Tutti gli altri ambienti, dislocati sui lati, risultano prospicienti sulle quattro facciate. La Casa del Fascio disegna dunque un prisma perfetto, in cui ogni lato di 33.20 m, del quadrato della pianta corrisponde, dimezzata, l’altezza dei quattro diversi prospetti. La simmetria è subordinata alla ricerca di un equilibrio tra vuoti e pieni particolarmente efficace nelle facciate laterali e nel retro. L’edificio ha una tipologia a corte, con un ampio spazio centrale e la trasparenza dell’involucro esalta la visione dell’esterno e in particolare del Duomo: l’edificio si rapporta infatti intenzionalmente all’intorno urbano. L’accesso all’edificio avviene attraverso un sagrato sollevato di un gradino rispetto al piano stradale, una sorta di piazza che risulta essere la proiezione della facciata principale sulla città. La facciata principale è caratterizzata dal grande loggiato, la cui trasparenza è bilanciata dalla parte piena. Al piano terreno, è caratterizzata da una vetrata continua a tutta altezza. Sulla corte centrale si affacciano la sala del Direttorio, gli uffici e i ballatoi di disimpegno. Molti critici hanno sottolineato il carattere duale dell’organismo, che da un lato rievoca la tradizionale tipologia urbana del palazzo e dall’altro scaturisce dall'applicazione di aggiornate tecniche razionaliste. Per quando riguarda la definizione sperimentale degli interni Terragni aveva previsto l’integrazione di tutti gli elementi in un insieme unitario. A tale scopo Terragni ha disegnato tutto: pareti, porte, maniglie, zoccolini, pavimenti, finiture, lampade, tavoli, scrivanie, scaffalature, sedie (come sedia “Lariana” e nella poltroncina “Benita”, costruite in tubolare metallico e piani di legno o imbottiti). L’opera resta uno dei primi e più compiuti esempi in Italia di moderna progettazione integrale. La Casa del Fascio presentava inoltre al proprio interno un ciclo di decorazioni astratte, ora andato perduto, realizzato da Mario Radice. La Casa del Fascio presentava inoltre al proprio interno un ciclo di decorazioni astratte, ora andato perduto, realizzato da Mario Radice. Si trattava di pannelli in cemento colorati alternati a immagini di propaganda e a spazi vuoti, montati su telai in ferro, che inserendosi nell’architettura ne sottolineavano la struttura.